Ogni danza e ballo ha i suoi movimenti specifici, i suoi passi tipici e dei movimenti che richiamano e formano lo stile della danza che si vuole imparare e a cui ci si approccia. Questi movimenti e passi, insieme, vanno a formare lo stile tipico che rende la danza facilmente riconoscibile anche ai non esperti. Come se formassero un marchio di fabbrica della danza presa in questione. Nel caso della danza del ventre è ancora più facile riconoscerne i movimenti tipici, essendo una danza che viene da un mondo totalmente diverso e lontano sfrutta dei muscoli e delle parti del corpo che di solito, per danze più conosciute e canoniche, vengono usati in modo diverso o non usati per niente.
Ad esempio il bacino è il punto in cui si condensano più movimenti in assoluto e di solito in altre danze è fondamentale tenerlo in linea e fermo. La sinuosità della danza orientale rendono le varie parti del corpo più morbide e il movimento che ne deriva coinvolge non solo il bacino ma anche l’addome e le spalle. Si concentra sulla parte superiore del corpo, solo perché è quella più visibilmente coinvolta, ma questo non toglie che anche i piedi e le gambe abbiano un lavoro di fondamentale importanza dovendo sostenere tutto il busto e la parte superiore del corpo in modo elegante e naturale.
I movimenti tipici della danza del ventre sono: movimenti a scatto, movimenti di bacino, la vibrazione e il movimento ondulatorio.
Il movimento a scatto
Movimento caratteristico della danza del ventre è quello a scatto, ritenuto tra i più semplici e costituito da colpi laterali. Come se si volesse chiudere lo sportello dell’auto o un cassetto o una porta ma usando solo i fianchi. L’esecuzione di tale movimento consiste in piccoli colpi da effettuare con il bacino, prima a destra e poi a sinistra. Il segreto per controllare alla perfezione il movimento del bacino, in modo tale da ottenere il classico effetto a scatto, è quello di praticare una contrazione del gluteo dallo stesso lato in cui si sta eseguendo il colpo laterale. Anche in questo caso, però, è necessario fare un po’ di pratica affinché i singoli movimenti vengano eseguiti in maniera sempre più naturale.
Il movimento ad otto orizzontale
In questo caso, la danza va eseguita posizionandosi all’interno di un ipotetico otto disegnato sul pavimento, realizzando un cerchio attorno ai propri piedi e disegnandolo con il bacino. Partendo dal fianco destro, si ruota verso sinistra, si sposta in modo sinuoso avanti poi verso destra e poi dietro; si fa continuare il movimento dal fianco sinistro, ruotandolo leggermente verso destra, spingendo la rotazione verso sinistra, per poi concluderla dietro.
ll movimento vibrato
Altro movimento classico della danza del ventre è la vibrazione, originariamente nota come “shimmy”. Esistono numerose variazioni del movimento in questione, ottenute tramite tecniche diverse, anche se il movimento tipico si ottiene piegando alternativamente e velocemente i fianchi e lasciando le ginocchia leggermente incurvate e morbide che seguono il movimento dei fianchi. L’errore più tipico quando si esegue, e si vede eseguire, il movimento per la prima volta è mettere troppa forza nelle ginocchia, come se il movimento partisse dalle ginocchia stesse e a lungo andare con il passare del tempo questo provoca delle lesioni ai legamenti del ginocchio perché sovraccaricati. Se fatto correttamente saranno le ginocchia a seguire i fianchi che si muoveranno verso l’altro e verso il basso in modo alternato e continuo. Esistono molte varianti dello stesso movimento date dalla velocità dell’ondulazione. Lo stesso movimento può essere fatto con il petto, muovendo sempre in modo alternato le spalle, sia verso destra che verso sinistra.
Il movimento ondulatorio
Il movimento ondulatorio di base è più complesso. Questo, infatti, viene identificato con una classica forma a S, da eseguire in serie con più cerchi. Il movimento ondulatorio per eccellenza è detto “cammello”: lo si esegue con tutto il corpo, ponendo il bacino all’indietro e formando un cerchio in avanti, contraendo al tempo stesso la parte superiore degli addominali. A tutto ciò si dovrà aggiungere la spinta del busto in avanti, per poi abbassarsi nuovamente. A questo punto inizia il movimento del bacino, il quale viene spinto all’indietro per poi riportarlo infine nella posizione iniziale. Il suo opposto si chiama “reverse” e si esegue con il movimento che parte dal bacino sale e si conclude all’altezza del petto.
ll movimento a cerchio
Il primo passo per riuscire ad eseguire i movimenti lenti base della danza del ventre è quello di visualizzare le figure da realizzare con il proprio corpo. La fìgura più semplice, in questo caso, è il cerchio. Per eseguire una circonferenza completa con i fanchi potete immaginare di posizionarvi con i piedi all’interno di un cerchio disegnato sul pavimento: per prima cosa dovrete spostare il bacino orizzontalmente verso destra, dopodiché lo spingerete in avanti per poi portarlo a sinistra. Il movimento si conclude riportando il bacino indietro e di nuovo a destra, tornando in linea poi in posizione centrale.
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La Tribal Bellydance, è un’evoluzione della danza orientale in chiave occidentale, nata nel 1987 a San Francisco (USA). Ideatrice e fondatrice di questo nuova forma d’arte è Carolena Nericcio, che nello stesso anno diede vita a “Fat Chance Bellydance”: la prima compagnia ad incarnare questo complesso di movimenti. questi ultimi si modellano sulle danze Mediorientali, ma anche sulla Baratha Natyam e sul Flamenco.
L’interesse per le arti corporee, dalla danza ai tatuaggi, influirono molto nella creazione di questo stile: sia nell’estetica dei movimenti sia nei costumi. La Tribal Bellydance si caratterizza per l’uso di costumi e gioielli dal forte richiamo etnico: essi si compongono di numerosi elementi estetici provenienti da altrettanti contesti culturali, dalle cinture afghane ai choli (top) indiani. L’intenzione era di rendere un tributo alle ghawazee, danzatrici gitane dai costumi riccamente decorati.
La sua caratteristica principale è che nasce come una danza performativa sempre in gruppo: la Tribe, formata da almeno tre persone e basata sull’improvvisazione. Esiste un leader che dirige il gruppo e due o più followers (seguaci), che ne replicano i movimenti. Alla guida è la danzatrice più a destra nella formazione, ma è in continuo mutamento: a turno ogni ballerina conduce, avendo così il proprio momento di improvvisazione semi-solistica. Per far in modo che le ballerine si coordinino fra loro esiste un variegato sistema di combinazioni (veloci o lente a seconda del ritmo), di segnali e giochi di sguardi, che le la Tribe condivide e che utilizza giocosamente durante la danza.
Il risultato è una performance “apparentemente” coreografata: lo spettatore ha l’impressione di assistere ad una vera e propria coreografia, ma in realtà è la sintonia tra ballerine e l’improvvisazione guidata a creare la magia.
Approda in Italia nel settembre 2004, grazie ai tour della troupe americana “Bellydance Superstars” e, in particolare, grazie alle performance di Rachel Brice, danzatrice e coreografa, allieva di Carolena Nericcio. Essendo fusione di diverse discipline, è una danza in continua evoluzione. Dall’originaria “Fat Chance Bellydance” si sono generate varie scuole e vari stili, ad esempio “Gipsy Caravan”: esportato da Paulette Rees Denis (danzatrice, coreografa ed ex collaboratrice di Carolena) e “Black Sheep Bellydance”.
Le stesse allieve di Carolena Nericcio, partendo dall’ATS (American Tribal Style), hanno forgiato nuovi stili di danza: l’esempio più famoso e che ha avuto un boom sorprendente negli anni più recenti è stato quello della Tribal Fusion. Incarnato da Rachel Brice, è uno stile sviluppato fondendo elementi dello yoga, della breakdance, della danza indiana e della danza orientale. L’attenzione maggiore è focalizzata sulla stratificazione dei movimenti muscolari e l’intensa sinuosità, che rendono questa danza affascinante allo sguardo ed articolata nell’esecuzione.
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L’occidente, e soprattutto l’America, è sempre stato attratto dall’idea di creare una danza riferita all’oriente: niente di strano se questa strada, iniziata già nei primi del ‘900 con artiste come Ruth St. Denis o la stessa Isadora Duncan, prosegua ogni giorno di più.
La Tribal fusion, definita anche con la sigla TFB, si può considerare una evoluzione dell’American Tribal Style Bellydance (ATS), della quale mantiene l’estetica coreutica, l’ispirazione per i costumi e il concetto di base di originare il movimento dalla bellydance per fonderlo con altre forme di danza. Manca però in essa l’esigenza della tribe, del gruppo. Anzi, si tratta più spesso di una danza solistica.
La contaminazione con altre modalità motorie è sempre più varia: dallo stile Popping dell’Hip hop, al Flamenco, al Kathak, alla danza africana, alla contemporanea, alla moderna o alla Breakdance, l’elenco potrebbe essere lunghissimo. Anche l’uso delle musiche è molto eterogeneo, e da un primo utilizzo di brani etnici tradizionali o di pezzi ispirati comunque alle sonorità arabe ci si sposta sempre più verso l’esplorazione di universi musicali nuovi. Ecco che si danza su musiche elettroniche, molto spesso create apposta per questo scopo.
Parlando di Tribal Fusion occorre assolutamente tenere presente la figura di Rachel Brice, che per prima ha evoluto questa modalità, creando uno stile spettacolare e ipnotico, nel quale mette a frutto i suoi studi di yoga e in generale il suo mirabile controllo sul corpo.
Il lavoro del corpo si basa sulla scomposizioni dei movimenti, suddividendo le membra in parti isolate, e imparando a stratificare i movimenti, coordinandoli fra di loro, all’insegna del controllo e della consapevolezza. Non si studiano soltanto passi, ma soprattutto si deve dare al corpo un training molto solido e costante nel tempo, che favorisca un uso così selettivo della muscolatura.
Nascendo dalla contaminazione fra generi diversi, la Tribal Fusion ha infinite applicazioni, tanto che a volte in questo grande contenitore vengono anche inseriti prodotti molto distanti dalle sue origini. Dato che si caratterizza per l’uso di costumi particolari e molto scenografici, a volte le danzatrici usano vestirsi così per attirare l’attenzione, senza in realtà avere caratteristiche coreutiche particolari, ma solo buttando fumo negli occhi degli spettatori. L’evoluzione della Fusion per fortuna a livello mondiale è talmente vasta che oggi ci sono migliaia di ottimi professionisti con una grande preparazione e creatività.
Questo stile, rappresentato dalla Urban Tribal Dance Company diretta da Heather Stants, si ispira molto all’ hip hop e alla danza moderna e contemporanea. Risulta molto dinamico e sfrutta molto il lavoro di improvvisazione di gruppo e di composizione momentanea. Le danzatrici sono vestite in modo sobrio, e danno importanza alle linee e all’uso dello spazio più che ai costumi, e fanno ricorso spesso all’ironia nel gesto.
La musica usata è sperimentale, e prevalentemente elettronica.
Le prime esponenti di questo stile sono Ariellah e Asharah. Nasce negli Stati Uniti all’inizio degli anni ’90. Prende a riferimento la cultura dark di ispirazione appunto gotica e neopagana: l’ambientazione delle coreografie è sempre oscura, la danza è drammatica e teatrale.
Gli abiti sono in prevalenza neri, con inserti di pelle, croci, borchie, catene, di stile vampiresco, Vittoriano, e quant’altro possa relazionarsi con la cultura gotica, e prevedono a volte elementi incredibili, che provocano una reazione di attenzione nel pubblico. Si usano piercing e un trucco molto marcato.
Esplora quindi le emozioni più buie, la paura, l’incubo, e lo fa in modo eccentrico, a volte assolutamente ironico.
Sono migliaia nel mondo le persone appassionate a questo genere, e affollano spettacoli, festival (come il famoso Gothla, nato in California e ormai diffuso in vari paesi), acquistano costumi, musiche e video tutorial.
Contemporary Tribal Fusion:
Mercoledì 19.30-20.30 Via Pomezia Loreto con Maria
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Dopo aver sperimentato la colonizzazione europea, i paesi arabi hanno continuato a cercare una loro strada per rendere i loro prodotti culturali a livello di quelli occidentali. Per quanto riguarda la danza, che non era mai stata considerata una produzione artistica interessante, ma soltanto una divertente forma di intrattenimento, alcuni pionieri ballerini hanno guardato al ricco patrimonio delle danze tradizionali dei vari paesi arabi e si sono resi conto che sarebbe stato un peccato perderlo. La diffusione dei balli era orale, spontanea, e difficilmente si sarebbe potuta insegnare senza una forma di codificazione. Diversi ballerini pensarono quindi di trovare un linguaggio coreutico evoluto che permettesse di scomporre i passi, di catalogare ed analizzare i movimenti, di classificare movenze e atteggiamenti. Erano gli anni ’50/’60. Il Balletto classico sembrò la tecnica più adatta a compiere questa operazione di salvataggio, grazie al quale le danze della tradizione popolare potevano venire presentate su un palcoscenico teatrale, senza aver nulla a d invidiare all’eleganza e alla bellezza della Danza Accademica Europea o Americana.
Per quanto riguarda l’ Egitto è doveroso ricordare l’opera di Mahmoud Reda e della sua Reda Troupe, nata nel 1956. Alla base del training dei ballerini è la sbarra classica, e le coreografie hanno un format di tipo ballettistico, molto fruibile anche da un pubblico che non conosca nulla della tradizione araba. I movimenti sono stilizzati ed eleganti, pieni di forme provenienti dal Balletto.
I loro spettacoli sono stati rappresentati ovunque portando le danze del folklore egiziano nei teatri di tutto il mondo, e ex danzatori della compagnia si sono trasferiti nei 5 continenti e continuano a lavorare alla diffusione di questo modo di danzare tramite insegnamento, spettacoli e la formazione di nuovi maestri: la storia coreutica mediorientale dopo Reda ha subito una notevole svolta.
Nel repertorio di ogni danzatrice araba oggi si trovano tutta una serie di movimenti che provengono dal classico, soprattutto giri, arabesques, attitudes, ma anche pose, atteggiamenti. L’eleganza e la stilizzazione nei movimenti sono molto importanti ed occorre avere ottima postura, saper camminare, muoversi, gestire lo spazio, avere gambe allenate, braccia mobili e sinuose.
Unica raccomandazione: la scelta di un insegnante che sappia mantenere l’eleganza e la fluidità dei movimenti della danza classica senza irrigidire l’allievo in leziosi manierismi che danneggiano la natura fortemente espressiva della Danza del Ventre.
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Il corso è finalizzato a consolidare e accrescere le conoscenze delle insegnanti sotto il profilo tecnico e didattico. Svolgendosi periodicamente e soltanto durante il fine settimana.
Il percorso è articolato in un ciclo di 6 incontri, una domenica al mese, della durata di sei ore ciascuno. Per ogni incontro verranno trattate varie discipline: Danza Orientale Classica, Danza Oriental Duende, Danza Orientale Moderna, Tribal Bellydance Old School e Tribal fusion.
Al termine del ciclo sarà possibile richiedere una certificazione che sarà rilasciata alle danzatrici che avranno superato il test.
Danza orientale moderna: si differenzia dalla classica danza orientale per una maggiore attenzione alla precisione tecnica, per l’uso dello spazio dinamico e coreografico, per l’utilzzo di musica contemporanea e complessivamente per un taglio occidentale e analitico dello studio. In particolare lavoreremo ai leyring, (sovrapposizione di movimenti delle gambe, del bacino e del busto in differenti velocità), esercizi che consentono l’ampliamento delle capacità “linguistiche” della danzatrice.
Tribal bellydance old school: seguiremo l’evoluzione dello stile classico, impareremo nuove combinazioni e sequenze sempre più articolate e potremo esercitare inedite formazioni e godere della danza con con la nostra tribe!
Tribal fusion: Lo stile che sa legare atmosfere proprie della danza orientale a movimenti che spaziano dall’hip hop alla danza indiana: il risultato è incantevole. Studieremo sequenze e movimenti propri di altre discipline che arricchiranno il nostro bagaglio artistico e non tralasceremo di sperimentare la fusione tra linguaggi differenti. Grande spazio anche all’elaborazione coreografica, che ci consentirà di dare la migliore cornice al nostro personale linguaggio.
Tribal bellydance old school: seguiremo l’evoluzione dello stile classico, impareremo nuove combinazioni e sequenze sempre più articolate e potremo esercitare inedite formazioni e godere della danza con con la nostra tribe!
Tribal fusion: lo stile che sa legare ad atmosfere proprie della danza orientale movimenti che spaziano dall’hip hop alla danza indiana: il risultato è incantevole.
Studieremo sequenze e movimenti propri di altre discipline che arricchiranno il nostro bagaglio artistico e non tralasceremo di sperimentare la fusione tra linguaggi differenti.
Grande spazio anche all’elaborazione coreografica, che ci consentirà di dare la migliore cornice al nostro personale linguaggio.
Al termine del ciclo di lezioni, ogni partecipante potrà richiedere una certificazione che sarà rilasciata alle danzatrici che avranno superato il test.
The post Imparare ad insegnare first appeared on Corso Danza del Ventre Milano.]]>Accettare il proprio aspetto valorizzandolo nella sua particolare bellezza, al di là degli stereotipi che impongono una immagine standardizzata di avvenenza femminile che non corrisponde alla realtà, è uno dei benefici di questa forma d’arte che, con la sua qualità di movimento rotonda e continua, ci aiuta a goderci la piacevolezza di stare nel corpo, nel nostro corpo, senza giudizi né confronti.
Nella danza del ventre tutte le parti del corpo sono coinvolte, ed è quindi limitativo soffermarsi ai soli benefici che questa offre riguardo ai movimenti del bacino. I suoi movimenti permettono un miglioramento della postura generale ed insegnano una fluidità di movimento elegante e funzionale ad un corpo più sano, possono regalare una maggiore flessibilità di tutte le articolazioni, la muscolatura acquisisce forza e flessibilità, e persino offrire un valido aiuto per alleviare i dolori mestruali, grazie ai movimenti vibratori e ondulatori ad una maggiore ossigenazione degli organi. Si possono così ri-scoprire le potenzialità del nostro corpo, raggiungendo una nuova consapevolezza che permette di essere più libere interiormente.
Il lavoro corporeo della danza del ventre non ha controindicazioni: sono movimenti dolci, a basso impatto, e non richiedono forti sollecitazioni del ritmo cardiaco. Possono essere eseguiti in modo personalizzato a seconda delle condizioni fisiche.
E’ quindi una danza che fa bene al corpo e allo spirito a qualunque età ed in qualsiasi periodo della vita.
La musica araba ha un effetto rilassante: i brani orientali con ritmi giocosi portano la mente lontano dal quotidiano, regalandoci facilmente il sorriso.
Il forte contenuto percussivo della musica araba ci aiuta a ricollegarci con la terra, con la nostra essenza umana, la nostra parte più spontanea e giocosa.
Introduce l’ascolto di una musica suggestiva che contiene l’intera gamma delle emozioni umane e numerosissimi ritmi (più di 100!), i quali danno un’impronta particolarmente terrena ed originale ai brani.
La danza del ventre è una danza semplice e spontanea che ogni donna può praticare a qualsiasi età ed è basata sul rilassamento e su una gestualità naturale nel rispetto dell’essere umano: corpo, emozione, mente e spirito.
A livello fisico impariamo ad usare il nostro corpo, a conoscerlo e a goderne, a curarlo senza esserne schiavi, a sentirci a nostro agio nella nostra pelle. Scopriamo la gioia di un corpo sano e vitale, elastico, attraente al di là dei canoni estetici correnti e variabili.
Impariamo a usare lo spazio intorno a noi, impariamo la forza dello sguardo e la grazia delle mani, la compostezza del gesto nella sua fluidità e semplicità.
A livello emotivo/energetico: un corpo sano è legato al fluire armonioso dell’energia che lo rende vitale.
Attraverso i movimenti della colonna vertebrale e del bacino si ha un effetto simile a quello dello yoga nell’attivazione dei chakra e nel risveglio di kundalini. Questa energia che si sprigiona in noi ci consente progressivamente di padroneggiare le nostre emozioni senza reprimerle e, quindi, di viverle pienamente.
La nostra vita è nelle nostre mani e ne diventiamo consapevoli e capaci di dirigerla, imparando a essere sincere con
noi stesse come sincero è il nostro corpo danzante nella sua spontaneità.
Impariamo a non perseguire ciò che non ci corrisponde solo perché è di moda o perché qualcun altro lo pretende.
Impariamo ad essere noi stesse sul piano emotivo come sul piano fisico.
Il primo beneficio di questa forma d’arte è che ci aiuta a rallentare, con la sua qualità di movimento rotonda e continua, a goderci la piacevolezza di stare nel corpo, nel nostro corpo, senza giudizi né confronti: l’atmosfera è serena, quasi fuori del tempo, e ci regala benessere.
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Quando negli anni ’80 i primi milanesi con spirito di avventura cominciarono a viaggiare in Medio Oriente rimasero colpiti dalle danze e dalle musiche di quelle regioni. Milano non era ancora realmente pronta e soltanto nei primi anni ’90 si diffusero corsi e locali dedicati.
Per chi era affascinato da questa cultura, c’erano i ristoranti arabi o locali vari che proponevano serate con spettacolo dal vivo: il primo fu il mitico Ristorante Il Casello, alla stazione della Bovisa, soprattutto quando Leila, la cuoca libanese, attuale proprietaria del ristorante Ali Baba, a fine serata, usciva dalla cucina e ballava meravigliosamente per gli ultimi clienti ed amici rimasti, con un sorriso di pura felicità, e poi il Nilo Blu, il Sahara, l’Accademia, il Pireo, il Faraone, e in seguito il centro culturale El Nadi El Massri, l’Ali Baba, l’Aladino… diversi anni dopo sono arrivati Al Jadida e Riad Yacout.
Per poter avere un costume o anche semplicemente abiti per la lezione era necessario cucirli e ricamarli a mano da sé o mettere in azione amiche, mamme e nonne, e sfruttare le costosissime passamanerie di “Tutto per la sarta” infilando a mano tutte le perline per le frange: un lavoro immane! Oggi è sufficiente fare un ordine on line…
Entrare in un negozio e cercare dischi di musica araba era una vera avventura: venivi guardato come uno stravagante, con gusti strani, e comunque, una volta superato l’eventuale imbarazzo, ciò che riuscivi a trovare erano canti delle confraternite religiose incisi da qualche antropologo negli anni ’70, musica berbera di tradizione folkloristica algerina, qualche disco di cantanti che ancora oggi ci stiamo domandando come mai fossero sul mercato italiano 30 anni fa, visto che non erano alla moda neppure nel loro paese d’origine all’epoca (marketing internazionale ante-litteram?), qualche incisione di concerti araboandalusi. Noi che cercavamo musica per la danza del ventre ne uscivamo con il portafogli vuoto perché compravamo tutto il comprabile, ma era solo musica da ascolto, ottima per formarci l’orecchio.
Per scovare musiche ballabili la tecnica efficace era un’altra: avvicinare qualsiasi persona provenisse da un paese arabo, meglio se l’Egitto (ma all’epoca non capivamo profondamente la differenza culturale fra un marocchino e un mediorientale) un vicino, la cuoca di un ristorante, l’amico di amici, e chiedergli se avesse consigli musicali da condividere. Il giorno seguente arrivava con musicassette scritte in arabo, di solito con una foto di una danzatrice sul frontespizio (che per noi erano curiosissime perché si aprivano al contrario, come i loro libri!) e noi ci tuffavamo a far copie pirata di queste canzoni che già nell’originale erano spesso registrate male, o che si interrompevano a metà o che recavano segni evidenti di errori di registrazione o di danni della pellicola audio…
Il venerdì sera Radio Popolare emetteva un programma, intitolato Radio Shaabi, in cui c’era musica araba di ogni tipo, dai cantautori politicizzati libanesi e palestinesi, ai grandi cantanti egiziani, alle musiche per bambini, alle canzoni popolari: una vera Mecca della musica orientale! Anche quello veniva registrato e ascoltato con grandissima attenzione e dedizione.
Se poi qualcuno riusciva ad andare a New York o a Parigi o a Londra, era d’obbligo chiedergli di far visita ad un negozio di dischi, poiché là era già possibile trovare materiali, magari prodotti in america…
I video erano comunque il momento più importante del nostro apprendimento: in Viale Montenero c’era un videonoleggio gestito da arabi, che dava anche in prestito videocassette degli spettacoli televisivi delle grandi star egiziane, come Nagwa Fouad, Suheir Zaki, Mona el Said, Fifi Abdo. Negli anni ’80 non in tutte le case si trovava un videoregistratore, ma averne a disposizione due per fare la copia era davvero un problema, e quindi si doveva magari organizzare la duplicazione grazie ad un amico tecnologico e compiacente, o recarsi a casa di qualche vicino con il nostro videoregistratore in una borsa per collegare i due apparecchi. Le immagini erano sgranate ma i costumi, i movimenti, le ambientazioni sceniche erano comunque visibili e affascinanti.
Da allora le scuole e gli insegnanti si sono moltiplicati tanto che in tutta Milano e provincia i corsi di danza orientale sono forse migliaia. La grande diffusione della danza araba si può verificare anche dal grandissimo successo che hanno i locali che propongono questa forma di intrattenimento, o la quantità di siti che vendono accessori on line, e grazie a queste musiche hanno coinvolto ed affascinato migliaia di persone in Lombardia.
Acquistare musica è semplicissimo, e quasi non più necessario, dato che su spotify si trova ormai qualsiasi cosa. I video sono disponibili senza sforzo alcuno su youtube, a costo zero. On line si trovano montagne di informazioni culturali, molte delle quali non proprio corrette, ma comunque facendo le opportune ricerche ci si pò fare una cultura abbastanza buona in materia.
Prima di tutto perché è molto divertente e dà un senso di benessere. E poi perché a noi milanesi stressati (o imbruttiti, come piace ai Facebook-dipendenti), ossessionati dal nostro aspetto fisico, dai nostri “rotolini di morbidezza” e dalla lotta senza quartiere contro la cellulite esibire con orgoglio le nostre “curve del benessere” e renderci conto che possiamo evitare di vergognarcene e anzi, possiamo farne una bandiera del nostro aver fatto la pace con noi stesse, dedicarci ad una forma di danza che non richiede un fisico da modella e che esalta invece il nostro corpo nella sua naturale bellezza, rotondità comprese, fa molto bene.
Inoltre, lavorando profondamente sulla nostra autostima, ci aiuta ad essere naturalmente meno timide, contribuisce a ridimensionare i problemi della vita quotidiana, e costituisce un antidepressivo naturale ed efficiente, privo di controindicazioni (in realtà ne può avere una sola: crea dipendenza!), e ci porta in mondi diversi dal quotidiano, esotici, nei quali possiamo sentirci liberi di essere davvero noi stessi spogliandoci delle convenzioni sociali che dobbiamo utilizzare quotidianamente in ufficio.
I maghrebini sono molto socievoli ed estroversi, i mediorientali sono maestri di ospitalità, gli egiziani sono spiritosi ed allegri, e tutti quanti sanno bene cosa significa fare festa: probabilmente per un milanese, educato all’indiffidenza ed alla riservatezza, sono un esempio di un altro modo di vivere e socializzare, che si esprime al meglio attraverso la danza.
Per informazioni sui corsi di Danza del Ventre a Milano, in zona Porta Romana e Loreto, contattaci! 0258317962 [email protected]
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